//Coronavirus Fase Due: la PAURA di uscire dalla PANCIA DELLA BALENA

Coronavirus Fase Due: la PAURA di uscire dalla PANCIA DELLA BALENA


La paura da sempre è l’emozione primaria che domina l’uomo ed è necessaria ed essenziale per la sua sopravvivenza. Il nostro cervello si è evoluto nel corso di milioni di anni, l’uomo ha scoperto altre emozioni, la rabbia, il disgusto, la gioia…, ma la protezione dalla minaccia resta quella che “spegne” tutte le altre. Da questo punto di vista il nostro cervello è arcaico, è fatto per essere al sicuro, la felicità è posticipabile. La paura è indispensabile per sfuggire ai pericoli e provvisoriamente alla morte, ma sappiamo bene che quando è pervasiva, costante nel tempo, senza un nome diventa angoscia, un sentimento difficile da gestire che destabilizza la nostra psiche. Di qui il bisogno dell’uomo di dargli un volto e un nome: paura delle carestie, paura dei terremoti, paura delle bestie feroci, paura della punizione divina, paura della fine del mondo…la paura ha governato la storia umana nel corso dei secoli e parallelamente è partita la caccia all’untore per individuare qualcuno di cui avere paura e da punire. E’ più rassicurante pensare alla peste come a una punizione divina, piuttosto che l’angoscia del nulla. E’ interessante vedere come nel corso della storia,(“La paura in Occidente” Jean Delumeau) il potere si sia servito di volta in volta di questo meccanismo per controllare e modificare modelli di comportamento. Questo significa che quando abbiamo paura e siamo in suo potere, siamo fragili, insicuri, paralizzati, non riusciamo a pensare, il nostro cervello “primitivo” cerca disperatamente di mettersi (e sottomettersi) al sicuro, nelle mani di chi promette tutela e protezione a fronte di ubbidienza e silenzio.

Avere consapevolezza di come funziona la nostra mente può aiutarci a non sentirci sbagliati se abbiamo paura, a non farci travolgere dall’isteria collettiva o dall’angoscia quando rimaniamo soli con i nostri demoni, le nostre emozioni nude e crude e a non rimproverarci se ci poniamo domande e abbiamo legittimi dubbi.

Sono indignata di come questo tragico momento sia stato “giocato” cavalcando l’onda delle emozioni e dei sentimenti in tutte le declinazioni della vita quotidiana delle persone, piuttosto che su una corretta e chiara informazione. Basti pensare all’uso ipocrita, crudele di noi vecchi, proposti come nonni e bisnonni da proteggere, ma che fino a ieri non eravamo e, già domani, non saremo più tanto venerati, ma un ingombro per la famiglia, le istituzioni e noi stessi. Certo, bisognerà cercare la verità su questa vergogna e non tutti i vecchi vengono collocati nelle strutture ad hoc, ma chi ci va sa benissimo, parenti compresi, che anche nelle più lussuosa struttura, la vita di soli vecchi, reclusi tra vecchi, non è vita.

E vogliamo parlare di tutte le informazioni che sono circolate anche nei canali ufficiali circa le cure? Fior di scienziati, virologi, infettivologi a contraddirsi nei salotti televisivi…ora tutti in attesa del vaccino che, detto da chi ne sa più di me, potrebbe essere inutile, perché il virus muta e non c’è certezza che chi è stato ammalato di coronavirus resti immune.

E il nostro capo del Governo pare abbia già preso contatti con Bill Gates e sia pronto all’acquisto per una consistente somma di denaro.

Vogliamo parlare della telenovela legata all’uso dei guanti e delle mascherine?

Dei respiratori acquistati dalla Cina che non è stato possibile utilizzare, perché con anomalie tecniche?

Dei morti fatti sparire senza avere eseguito autopsie, portati chissà dove, in una solitudine straziante?

E’ questa la società evoluta, civile, la società del progresso?

Ad oggi, chi sa con ragionevole approssimazione quante persone sono morte a causa del coronavirus?

Ma di infarto, ictus, incidenti, tumori, influenza, femminicidi, suicidi non è morto e non muore più nessuno?

All’indomani dell’inizio della “fase 2”, vogliamo parlare che è consentito vedere solo gli “affetti stabili” e fatto divieto di vedere gli amici?

Imposizioni e limitazioni al limite del tollerabile, un’intrusione nella vita privata e degli affetti non solo discutibile, ma una violazione dell’intimità che offende, disturba, è inaccettabile. Ma il sacrificio richiesto è per “il nostro bene”, il “bene di tutti”, il nemico non è ancora stato sconfitto.

Minaccia del pericolo e rassicurazione, esaltazione del rischio e promessa di tutela, lode alla responsabilità individuale e negazione di libero movimento, in un clima di incertezza e di disastro economico inevitabile. Questa campagna mediatica alimentata dal vento della paura ci rende ancora più smarriti, bisognosi di protezione, pieni di rabbia, di dolore, frustrati, pronti per consegnarci “nelle braccia del padre” a qualsiasi prezzo.

Rieducare il cervello ad affrontare situazioni concretamente pericolose, capire che la sua funzione originaria è quella di istinto primordiale che ci protegge da danni fisici concreti con reazioni di attacco o fuga, ma comprendere che ci siamo evoluti e nel mondo globalizzato è necessario attivare il cervello lento, quello della riflessione. Personalizzare la paura non fa che aumentarla, dobbiamo opporci e reagire alle campagne mediatiche che fanno leva sulle nostre emozioni, dobbiamo cercare di capire e pretendere un quadro realistico di ciò che accade, in cui i numeri diventino nomi e i dati azioni compiute da qualcuno. (Per chi non lo sapesse il Governo ha sospeso il Foia)

E’ necessario sapere ragionevolmente quali aspetti della nostra vita possiamo controllare e tutelare noi stessi e gli altri, con coraggio, da quelli che sono realisticamente fuori dal nostro controllo.

L’obiettivo di questo Governo è la salute e la vita, ma la legittimità dell’emergenza deve essere adeguata all’obiettivo sia nella durata sia negli obblighi sia nelle misure che si impongono ai cittadini, non è un’autorizzazione in bianco al Governo stesso, che deve essere controllato dal Parlamento.

Non dimentichiamoci che la democrazia è conoscenza e la conoscenza ci rende liberi.